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- Troppo spesso rendiamo onore alla spavalderia, alla prepotenza e a chi esercita la forza. Troppo spesso scusiamo coloro che costruiscono la propria vita sui sogni infranti di altri esseri umani. Ma una cosa è chiara: la violenza genera violenza, la repressione genera rappresaglia e soltanto la pulizia di tutta la nostra società potrà estirpare questo male dalla nostra anima. Quando si convince un uomo ad odiare, ad avere paura del proprio fratello, quando ti insegnano che una persona è inferiore a te solo per via del colore della sua pelle o delle sue idee o della politica che segue, quando ti insegnano che chi è diverso da te minaccia la tua libertà o il tuo lavoro o la tua casa o la tua famiglia, allora si impara ad affrontare l'altro non come un compagno di viaggio ma come un nemico, da trattare non con la collaborazione ma con l'assoggettamento. Per soggiogarlo e sottometterlo. Impariamo, in sostanza, a guardare i nostri fratelli come alieni. Uomini alieni con cui dividiamo una città ma non una comunità. Uomini legati a noi da una casa in comune ma non da un impegno comune. Impariamo a condividere soltanto una paura comune, soltanto un desiderio comune di allontanarci gli uni dagli altri, soltanto un impulso comune a reagire al contrasto con la forza. La nostra vita su questo pianeta è troppo breve, il lavoro da svolgere è troppo vasto, perché questo spirito prosperi ancora a lungo nella nostra nazione. È evidente che non possiamo bandirlo con un programma né con una risoluzione, ma possiamo forse ricordare, ancora una volta e una volta ancora, che quelli che vivono con noi sono nostri fratelli che dividono con noi lo stesso breve arco di vita, che cercano, come facciamo noi, soltanto la possibilità di vivere la propria vita con uno scopo inseguendo la felicità e conquistandosi la realizzazione e la soddisfazione che possono. Sicuramente il legame di un destino che ci accomuna, il legame di scopi che ci accomunano, può cominciare a insegnarci qualcosa. Sicuramente possiamo imparare, almeno, a guardare senza sospetto chi sta intorno a noi, che è il nostro prossimo, e possiamo cominciare a lavorare con maggiore impegno per ricucire le nostre ferite e per tornare ad essere fratelli e compagni nel cuore. -

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Robert Kennedy (assassinato il 6 giugno 1968)

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