L'ESTATE DEL 2006
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Quella del 2006 fu, per me, un’estate davvero cupa... Un vero giro di boa.
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Nell’emittente televisiva in cui lavoravo da sette anni, era appena arrivato un nuovo direttore che avrebbe rivoluzionato ogni cosa. Dal nome del canale a tutte le apparecchiature professionali, fino all’arredamento e ai colori dei muri. Una specie di tornado da un milione di euro che, secondo voci di corridoio, avrebbe spazzato via anche alcuni dipendenti.
E la cosa non mi faceva dormire tranquillo.
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A questa situazione ansiogena si aggiunse la prima grossa crepa nel rapporto tra me e la mia figlia maggiore la quale, a soli sedici anni, pretendeva la libera uscita serale senza alcun limite di "coprifuoco", tutti i giorni e con l'opzione di restare a dormire fuori senza avvisare, quando capitava. Ero contrario su tutta la linea, ovviamente. Per come la stimavo, quello che più mi scandalizzava era il fatto che non mi stesse chiedendo il permesso ma semplicemente aggiornando riguardo le "nuove direttive"! Alla fine di un'estenuante trattativa (o almeno credevo lo fosse), arrivai a concederle di rientrare alle 3 del mattino, una volta a settimana.
Mi trovavo di nuovo sotto la scaletta di uno scivolo troppo alto...
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Apro una parentesi: da dopo la separazione (avvenuta nel gennaio del '98), le mie due figlie stavano con me dal venerdì pomeriggio al lunedì mattina. Questo finché non terminavano le scuole, dopo di che rimanevano per tutta l'estate. E così era per la vacanze di Natale, eccetto il 25 dicembre, e per quelle di Pasqua, oltre ai vari "ponti", naturalmente. Più avanti avrei dovuto accettare il fatto che, per loro, ero stato poco più di un babysitter. I figli so' come i gatti: s'affezionano alla casa "natia". Chiusa parentesi.
Così la mia figlia maggiore, offesa per "l'ingiusto coprifuoco" che le avevo imposto, si rifiutò di continuare a venire da me. Avrebbe ottenuto tutta la "libertà" di cui aveva bisogno, rimanendo dalla madre. A nulla servì provare a ragionare con quest’ultima, spiegarle che sarebbe stato un errore irreparabile assecondare una cosa del genere. Mi sbatté la porta in faccia (e non in senso figurato) dicendo che, "a casa sua", le regole le stabiliva lei e che non poteva di certo costringere nostra figlia a rivolgermi la parola, visto che ormai aveva 16 anni!
Puro funambolismo. E senza rete, stavolta.
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"Non posso farci nulla, è la mia natura!" disse lo scorpione alla rana.
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Qualche settimana più tardi, mentre ero al computer che lavoravo a un montaggio video per conto di una mia amica, telefonò mia madre:
- Robbe’ so’ preoccupata, devi veni’ subbito a Ladispoli, tu’ padre è ‘na settimana che se comporta in modo strano. Non parla più, non mangia niente, sta tutto il giorno seduto in cucina, ha smesso improvvisamente di fumare e non riesce più guidare la macchina. Qualcosa non va. -
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Mi mossi immediatamente. Quando arrivai a casa dei miei, mi resi subito conto che a mio padre stava accadendo qualcosa di grave e che bisognava portarlo di corsa in ospedale. Arrivati al pronto soccorso, lo visitarono d'urgenza. Dopo alcune ore in sala d'attesa, finalmente fecero entrare anche me. Lo avevano ricoverato. Le lastre sulla lavagna luminosa erano quelle di mio padre. Il dottore mi indicò le innumerevoli metastasi che aveva nei polmoni, più una grossa nel cervello, in profondità. Non ci girò intorno. Era all’ultimo stadio. Gli restavano, al massimo, tre mesi di vita. Rimasi come stordito.
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Malgrado i cambiamenti che stavano avvenendo sul lavoro, decisi di mettermi in ferie per avere più tempo da dedicare a mio padre. Gli tremavano le mani e non era in grado di mangiare autonomamente. Per cui dovevo andare in ospedale tre volte al giorno (colazione, pranzo e cena) ad imboccarlo. Nell'arco della stessa giornata, passavo anche da mia madre, per tranquillizzarla (ma non le avevo ancora detto tutta la verità).
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Una decina di giorni dopo mi si ruppe il cellulare. E che caxo! Ne avevo davvero bisogno, ma mi mancavano i soldi per comprarne un altro. La donna con cui avevo una relazione sentimentale da circa un anno, mi prestò il telefonino del suo ex (con il quale era rimasta amica). Mi disse che lui ne aveva appena acquistato uno nuovo e che questo non lo usava più ma funzionava bene. La sera dopo, mentre la stavo aspettando a casa mia, per cenare e passare un po’ di tempo insieme, iniziai a studiare il “nuovo” telefono portatile. Purtroppo scoprii, tra gli sms, che ce n'erano alcuni recenti indirizzati a lei. Il testo era a dir poco equivoco. Avevo appena finito di leggerli quando bussò alla mia porta...
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– Oddio, che è successo? – Mi chiese preoccupata, dopo avermi visto in faccia.
– Siediti, dobbiamo parlare. – Le risposi senza saliva.
– Così me metti paura... –
– Sul cellulare che mi hai dato, ho trovato dei messaggi, spediti poche settimane fa, che il tuo ex ha mandato al tuo numero e che ha "dimenticato" di cancellare. Ci sono anche le tue risposte, di rimando. Non sembrano affatto degli sms tra semplici amici. Ho bisogno che tu mi tolga qualsiasi dubbio. Ci fai ancora sesso? Porta pazienza ma sto passando un periodo davvero difficile, lo sai, e non ho bisogno di quest'altro peso sullo stomaco. Adesso te li leggerò e mi tranquillizzerai spiegandomi cosa significano. Magari ho frainteso. -
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Respinse le mie basse insinuazioni, per chi l'avevo presa?!
Ascoltai attentamente ogni singola parola delle sue spiegazioni. Non mi convinsero.
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– Senti tesoro, se mi vuoi bene, devi fare una cosa sola, che però per me è DECISIVA: adesso tu chiami al telefono il tuo ex e gli dici queste esatte parole “Ciao, è successo un casino, Roberto ha scoperto tutto”. Devo sentire che cosa ti risponde. Solo così potrò tranquillizzarmi. E se ti prenderà per matta, gli chiederò scusa personalmente, spiegandogli il motivo per cui ti ho costretta a fare questa strana telefonata. Comprenderà senz’altro. Così approfitto pure per ringraziarlo del cellulare che m’ha gentilmente messo a disposizione. -
Una semplice telefonata che lei non fece mai. Dopo vari tentativi di uscire dall’angolo in cui l’avevo messa e dal quale non permettevo assolutamente che si spostasse; dopo aver giurato, fissandomi negli occhi, sulla madre, sul padre, sulla sorella, sul suo cane, "potessero mori' fulminati 'sto momento", che tra lei e il suo ex non era mai successo niente, da quando stava con me, finalmente confessò, scoppiando in lacrime: - È successo ‘na volta solaaaaaa… -
Seee, certo! E io mo ce credo! La sera stessa tornai ad essere sigle. Non tanto per il fatto in sé, figuriamoci (la madre delle mie figlie non so quante volte mi aveva tradito!). Ma in questo caso, il vero tradimento era stato quello di guardarmi fisso negli occhi e giurarmi, su quello che aveva di più caro, che non lo aveva fatto.
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– Non siete troppo orgoglioso, signore? E come considerate l'orgoglio, un difetto o una virtù?
– Non saprei dire...
– ... Perché cercavamo di trovarvi un difetto!
– Per me è difficile perdonare le follie e i vizi degli altri... o le offese arrecatemi. La mia stima, una volta perduta è perduta per sempre.
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Tratto dal film Orgoglio e Pregiudizio di Joe Wright
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Mio padre morì due mesi dopo e in quella drammatica occasione riuscii a far pace con mia figlia. Senza mostrarsi minimamente dispiaciuta per come si era comportata nei miei confronti, ricominciò a venire da me, di tanto in tanto, quando non aveva impegni serali. Per non essere tagliato completamente fuori dalla sua vita ingoiai il rospo, ma ormai esisteva un precedente che non faceva bene a nessuno. A nessuno.
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Il dissidio tra genitori separati è estremamente diseducativo per i figli e, spesso, concede loro un alibi di ferro.
Il nero, però, resta nero. E il bianco resta bianco.
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Tra i valori da insegnare ai propri figli, era evidente che io ne avevo tralasciato uno: bisogna essere sempre leali, a scapito dell'interesse personale.
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Terminò in questo modo, l'estate del 2006, sfumando verso il grigio.
In compenso non rimasi senza lavoro. Anzi, cambiai mansione e da tecnico di emissione passai a fare il fonico.
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IL FENDENTE
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Io non so difendermi
All’inizio non credevo che avrei dovuto imparare a farlo
Perché c’è stato un inizio anche per me, giusto?
Beh, non me ne sono accorto
E adesso è troppo tardi per rimediare
Ho soltanto bisogno di arrendermi al fatto
Che sono così sbadatamente sensibile
Che nessun bordo mi definisce
E questo mi rende cieco
Perciò non vedo arrivare il fendente
E quindi non lo schivo
Poi, quando il dolore esplode
Improvviso e incontenibile
Sferro pugni all'impazzata
Come un elicottero fuori controllo
Ma spingo via l'ossigeno dal mio spazio personale
E il velivolo si schianta
Non sono mai imparziale
Quando penso che sia solo colpa mia
E lo è proprio per questo
Uno sbaglio tira l’altro
È un effetto domino che non riesco più a fermare
E tutto cade perché accade
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Niente rimpianto per ciò che avresti potuto e voluto vivere e non ti è stato concesso, e niente più affanno nel volerlo vivere ora più che mai: non dipende solo da te, dammi retta, e non dipende neppure da nessun altro, e se non lo vivi è perché non c'era davvero niente da vivere per come sei tu e per chi sei tu.
Se ci fosse stato qualcosa da vivere, ti avrebbe individuato.
Se ci sarà qualcosa da vivere, ti individuerà. (Aldo Busi, dal Manuale del perfetto single)